LA CORTE D'APPELLO DI NAPOLI  
 
    Ha deliberato di emettere  la  presente  ordinanza  nel  processo
civile di primo ed unico grado di merito iscritto al n. 653/2012  del
ruolo generale degli affari contenziosi, sciogliendo  la  riserva  di
cui all'udienza del 28 settembre 2012 e pendente tra Gaudino  Grazia,
nata a Torre del Greco il  2.5.32,  C.P.:  GDNGRZ32E42L259Q,  Gaudino
Francesca,   nata   a   Torre   del   Greco   il    24.8.39,    C.F.:
GDNFNC39M64L2359A, Izzo Assunta, nata a Torre del Greco  il  12/2/32,
C.F.: ZZISNT32B52L259D, Ramondino Giuseppina, nata a Torre del  Greco
il 7.12.71, C.F.: RMNMSM71T47L259D, Ramondino Massimo, nato  a  Torre
del Greco il 13.12.72, C.F.: RMNMSM 72T13 L259D, Ramondino Ciro, nato
a Torre del Greco il  13.12.43,  C.F.:  RMN  CRO  43T13  L259Q,  Izzo
Vincenzo nato a Torre del Greco  il  27.7.60,  C.F.:ZZIVCN60L27L259E,
Aurilia Maria Elisabetta nata a Torre del  Greco  il  22.8.34,  C.F.:
RLAMLS34M62L259G, Izzo Luigi nato a Torre del Greco il 24.5.58, C.F.:
ZZI LGU58E24L2590, Izzo Rosaria nata a Torre del  Greco  il  23.12.66
C.F.: ZZIRSR66T63L259V,  Izzo  Nunziatina  nata  a  Torre  del  Greco
1'8.1.56 C.F.: ZZINZT56A48L259Z, Izzo Assunta, nata a Torre del Greco
il 20.11.28, C.F.: ZZI GPP 28S60L269J, Rivieccio Andrea, nato a Torre
del Greco il C.F.: RVCNDR56TO9L259L,  in  proprio  e  quale  genitore
esercente la potesta' sulla figlia minore Rivieccio  Anna,  Rivieccio
Cira, nata a Torre  del  Greco  il  19.9.79,  C.F:  RVCCRI79P59L259T,
Rivieccio  Vincenzo  nato  a  Torre  del  Greco  il   9.8.82,   C.F.:
RVCNCN82M09L259T, Tedesco Virginia, nata a Torre del Greco il  5/9/57
C.F.: TDSVGN57P45L259E, Tedesco Maria Rosaria, nata a Torre del Greco
il 28.6.68, C.F.: TDSMRS63C53L259O, Tedesco Domenico,  nato  a  Torre
del Greco il 28,6.64, C.F.: TDS DNC64H28L259X, Tedesco Paola, nata  a
Torre del Greco il 7.11.66, C.F.: TDS PLA 66S471,2590,  rappresentati
e difesi dall'Avv. Gennaro  Marrazzo,  giusta  procura  in  calce  al
ricorso, C.F.: MRR GNR 61P29 L2590, con studio  in  Torre  del  Greco
alla Via  Nazionale  n.  587,  tutti  domiciliati  presso  lo  studio
dell'Avv. Vincenzo Ferrigno, sito in  Napoli  al  Centro  Direzionale
Torre Alessandro Is. E 7 -  ricorrenti  -  e  Autostrade  Meridionali
S.p.A. (P.I.: 00658460639),  in  persona  del  legale  rapp.te  p.t.,
elett.te dom.to in Napoli, al corso Umberto I  n.  74  presso  l'avv.
Giulio Vicedomini, che lo  rappresenta  e  difende  in  virtu'  della
procura speciale  in  calce  alla  copia  notificata  del  ricorso  -
resistente - . 
 
                       Motivi della decisione 
 
    Con il  ricorso  introduttivo  del  processo,  depositato  il  20
febbraio 2012 e notificato con il pedissequo decreto presidenziale il
17.4.2012, i ricorrenti  meglio  indicati  in  epigrafe  hanno  adito
questa Corte d'appello esponendo: 
        di essere comproprietari, ognuno  per  le  rispettive  quote,
degli immobili siti in  Torre  del  Greco  e  precisamente:  immobile
composto da piano terra e primo piano riportato nel catasto urbano di
Torre del Greco al foglio 25 n. 324 Via Di Sotto Ai Camaldoli  foglio
25 particella n. 200; nonche' terreni riportati in Catasto al  foglio
25, mappale 1460, classe 1, vigneto; foglio 25, mappale  205,  classe
2, vigneto; foglio 25, mappale 1461, classe 1, vigneto, per i  quali,
in relazione alle opere di ammodernamento ed adeguamento  del  tratto
autostradale Napoli - Pompei, in data 23/9/05 veniva  emesso  decreto
di occupazione d'urgenza n. 5127; 
        che, in data  2/12/05,  la  Societa'  Autostrade  Meridionali
S.p.A. procedeva alla presa di possesso dell'area in narrativa; 
        che con verbale  di  amichevole  accordo,  intercorso  tra  i
ricorrenti e la Societa' resistente, veniva  pattuito  un  indennizzo
ammontante ad  euro  262.019,36,  calcolato  sulla  base  dei  valori
determinati ai sensi della vigente normativa ed in considerazione che
al fabbricato alla Via Sotto Ai Camaldoli Torre  del  Greco  venivano
lasciati cinque metri dalla parete piu' avanzata fino alla costruenda
strada; 
        che, in fase di esecuzione dei lavori  e  successivamente  al
predetto verbale di accordo, ci si avvedeva che la costruenda  strada
era aderente il fabbricato  di  cui  sopra,  con  conseguente  enorme
deprezzamento dello stesso; 
        che,  con  decreto   del   3/8/11,   emesso   dal   Dirigente
dell'Ufficio per le Espropriazioni, veniva disposto  a  favore  della
Societa' resistente il passaggio del diritto di proprieta' delle aree
soggette ad espropriazione per l'esecuzione dei succitati lavori; 
        che, in data  20-28/1/12,  veniva  notificato  ai  ricorrenti
decreto di indennita' per le aree in questione, per un  ammontare  di
euro 124.115,84, a fronte della somma  di  euro  262.019,36  pattuita
mediante il succitato verbale di amichevole accordo e che,  comunque,
non sarebbe stata equa per gli ulteriori metri espropriati; 
        che,  dunque,  non  rivestirebbe  l'indennita'   corrisposta,
accettata a titolo di  acconto  sulla  maggior  somma,  il  carattere
dell'equita'; 
    al fine di: 
        1) accettare e dare atto del carattere non  equitativo  della
corrisposta indennita', mediante  decreto  n.  4268  del  3/8/11,  in
relazione all'espropriazione dei terreni di cui in premessa; 
        2) per l'effetto, rideterminare  la  somma  da  corrispondere
agli istanti a titolo  di  indennita'  per  l'avvenuto  trasferimento
della proprieta' dei beni in narrativa. 
    La resistente si e' costituita il 19.6.2012,  per  contestare  la
fondatezza delle avverse pretese. 
    Va premesso che il  presente  giudizio,  chiaramente  rivolto  ad
ottenere  la  determinazione  giudiziale  in   un   maggior   importo
dell'indennita' di espropriazione, per  effetto  di  quanto  disposto
dall'art. 29 del d.lgs. 1° settembre 2011,  n.  150,  cui  rinvia  il
secondo periodo del primo comma del predetto art. 54  del  d.P.R.  n.
327 del 2001, come sostituito dall'art. 34, comma  37,  dello  stesso
d.lgs. n. 150 del 2011, e' stato proposto (essendo  stato  introdotto
dopo il 6 ottobre 2011) nelle speciali forme del processo sommario di
cognizione «non convertibile» in ordinario risultanti dal comb. disp.
dell'art. 3 del medesimo d.lgs. n. 150 del 2011 e 702-bis  e  702-ter
c.p.c. 
    2. Prima di  procedere  oltre,  questa  Corte  ritiene  di  dover
rilevare d'ufficio la  non  manifesta  infondatezza  della  questione
della legittimita' costituzionale in parte qua degli artt. 29  e  34,
comma 37,  del  d.lgs.  n.  150  del  2011,  giacche'  la  scelta  di
«ricondurre» i procedimenti aventi ad oggetto le controversie di  cui
all'art. 54, comma 1, del d.P.R.  n.  327  del  2001  al  nuovo  rito
sommario di cognizione «non convertibile» risultante dal comb.  disp.
dell'art. 3 del d.lgs. n. 150  del  2011  e  degli  artt.  702-bis  e
702-ter c.p.c. pare andare ben oltre i limiti  fissati  dalla  delega
conferita al Governo dal Parlamento con  l'art.  54  della  legge  18
giugno 2009, n. 69, sulla cui base e' stato appunto emanato il d.lgs.
n. 150 del 2011, ed essere pertanto in contrasto con l'art. 77, comma
1, Cost. 
    Del resto, la questione con ordinanze  del  20  giugno/13  luglio
2012 (nel procedimento n. 4592/2011 del ruolo generale  degli  affari
contenziosi, tra Lucia Moffa e la Edison Energie Speciali  S.p.A.)  e
del 4/13 luglio 2012 (nel procedimento n. 162/2012 del ruolo generale
degli affari contenziosi,  tra  Comune  di  Montesarchio  e  Giuseppe
Ambrosone) e' gia' stata da questa Corte sottoposta al giudice  delle
leggi, alla stregua delle  considerazioni  che  si  riportano  e  che
questo collegio condivide. 
    Come questa Corte ha gia' osservato nella prima  delle  ordinanze
citate, «l'art. 54 della legge n. 69 del  2009  delegava  infatti  il
Governo ad adottare uno o piu'  decreti  legislativi  in  materia  di
riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione che
rientravano nell'ambito della giurisdizione  ordinaria  e  che  erano
regolati dalla legislazione speciale, con il necessario coordinamento
con le altre disposizioni vigenti, in modo tale che, fermi i  criteri
di  competenza  e  di  composizione  degli  organi   giudicanti,   «i
procedimenti civili  di  natura  contenziosa  autonomamente  regolati
dalla legislazione speciale» fossero «ricondotti»: 
        1) al cd.  rito  del  lavoro,  se  connotati  da  «prevalenti
caratteri  di  concentrazione  processuale,  ovvero  di  ogiciositci'
dell'istruzione»; 
        2) al procedimento sommario di cognizione di cui  agli  artt.
702-bis e ss. c.p.c., ma «esclusa la possibilita' di conversione  nel
rito  ordinario»,  se   connotati   da   «prevalenti   caratteri   di
semplificazione della trattazione o dell'istruzione della causa»; 
        3) al processo ordinario di cognizione, in  tutti  gli  altri
casi. 
    Si riferiva dunque chiaramente ai  soli  procedimenti  civili  di
cognizione  «autonomamente  regolati  dalla  legislazione  speciale»,
cioe'  -  deve  ritenersi  alla  luce  della  chiara  lettera   della
previsione normativa - ai  soli  procedimenti  civili  di  cognizione
disciplinati   dalla   legislazione    speciale    secondo    stilemi
essenzialmente diversi da  quelli  del  rito  del  lavoro,  del  rito
sommario di cognizione e  del  rito  ordinario  cui  dovevano  essere
ricondotti. 
    L'obiettivo del  legislatore  delegante  era  infatti  quello  di
semplificare l'accesso alla  giurisdizione  ordinaria  di  cognizione
riducendo in misura consistente il numero  dei  riti  previsti  dalla
legislazione speciale e da questa disciplinati in modo tale da  farne
dei riti «autonomi», cioe' caratterizzati da  una  struttura  formale
essenzialmente diversa da quella dei vari riti previsti dal codice di
procedura civile. 
    Una siffatta diversita' certo non connotava pero' i  procedimenti
aventi ad oggetto i giudizi di cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327  del
2001, che nessuno ha mai dubitato dovessero  svolgersi  nel  rispetto
delle forme dell'ordinario giudizio  di  cognizione,  con  le  uniche
particolarita' costituite dalla previsione di  un  breve  termine  di
decadenza per la loro introduzione, giustificato dal  loro  carattere
lato  sensu  impugnatorio,  e  dalla  previsione   della   necessaria
instaurazione del contraddittorio anche nei confronti di soggetti non
titolari dal lato  passivo  della  situazione  giuridica  sostanziale
controversa,  cioe'  di  particolarita'  non  concernenti  le   forme
processuali e non certo tali da poter includere tali procedimenti tra
quelli «autonomamente regolati dalla legislnione  speciale»,  tant'e'
vero che il legislatore delegato Ie ha conservate. 
    Pertanto, in sostanza, l'art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011,  con
una violazione dei criteri direttivi di cui all'art. 54  della  legge
n. 69 del 2009 che a questa Corte pare in verita' evidente, ha  colto
l'occasione per «ricondurre» nell'alveo del nuovo  rito  sommario  di
cognizione non «movibile procedimenti che non erano gia' disciplinati
dalla  legislazione  speciale  secondo  un  rito   speciale,   bensi'
procedimenti che erano si previsti dalla legislazione speciale, ma da
questa non regolati, tanto meno «autonomamente»,  essendo,  salve  le
particolarita' di cui s'e' detto, integralmente assoggettati al  rito
ordinario di cognizione. 
    Peraltro,  criticabile  sotto  il  profilo   della   legittimita'
costituzionale pare anche  la  scelta  del  legislatore  delegato  di
sottoporre le controversie di cui all'art. 54 del d.P.R. n.  327  del
2001 (onnicomprensivamente definite «di opposizione alla stima» dallo
stesso art. 29 del d.lgs. n. 150 del 2011) al nuovo rito sommario  di
cognizione non convertibile. 
    I «procedimenti» aventi ad  oggetto  tali  controversie,  dovendo
pacificamente seguire le forme dell'ordinario rito di cognizione, non
erano invero connotati da «prevalenti  caratteri  di  semplificazione
della trattazione o dell'istruzione della causa», la loro trattazione
e la  loro  istruzione  dovendo  seguire  appunto  le  normali  forme
dell'ordinario rito di cognizione. 
    E la conclusione non cambierebbe qualora dovesse ritenersi che  i
«puvalenti  caratteri  di   semplificazione   della   trattazione   o
dell'istruzione della  causa»  che  il  legislatore  delegante  aveva
individuato come  criterio  di  individuazione  dei  procedimenti  da
«ricondurre» al rito sommario di  cognizione  andavano  riferiti  non
gia' ai «procedimenti», come sembrerebbe sulla  base  della  semplice
analisi logico-grammaticale della  previsione  di  cui  all'art.  54,
comma 4, lett. b), n. 2), della legge  n.  69  del  2009,  bensi'  ai
«giudizi», cioe' al tipo di controversie, che ne erano oggetto. 
    I «giudizi» di cui all'art. 54 del d.P.R.  n.  327  del  2001  si
caratterizzavano e si caratterizzano  infatti  per  aver  ad  oggetto
controversie il cui denominatore  comune  e'  costituito  dalla  loro
precipua attinenza alla determinazione dell'entita' delle  indennita'
dovute in conseguenza di  provvedimenti  di  natura  espropriativa  o
comunque ablativa adottati per ragioni di pubblica utilita', non gia'
dalla semplicita' della loro trattazione ed istruzione, che,  invece,
nella maggior parte dei casi, richiedono la soluzione di non semplici
questioni  di  diritto  e/o  di  fatto,  come,  ad  esempio,   quella
dell'individuazione del soggetto o dei  soggetti  titolari  dal  lato
passivo dell'obbligazione indennitaria,  che,  a  sua  volta,  spesso
sollecita la chiamata in causa di terzi, e quelle connesse alla stima
dell'equivalente  pecuniario  del  pregiudizio  subito  dal  soggetto
passivo del provvedimento ablatorio, che, a loro volta, richiedono la
nomina di consulenti tecnici d'ufficio,  e  dunque  controversie  che
risulta difficile comprendere  come  possa  ritenersi  opportuno  che
siano trattate ed istruite secondo forme  non  previamente  stabilite
dalla legge, ma sommariamente stabilite volta per volta  dal  giudice
procedente, e che non possono essere  decise  «alla  prima  udienza»,
come  dovrebbe  essere  affatto  normale  nei  procedimenti  trattati
secondo le forme del  rito  sommario  di  cognizione  (arg.  ex  art.
702-ter c.p.c.). 
    Se poi si considera che la decisione adottata - «con  ordinanza»,
giusto il comb. disp. dell'art. 3  del  d.lgs.  n.  150  del  2011  e
702-ter c.p.c. - dalla corte d'appello competente  quale  giudice  di
primo grado non e'  appellabile,  ma  impugnabile  solo  mediante  un
ricorso per cassazione per violazione di legge  ai  sensi  del  comb.
disp. degli artt. 360 c.p.c. e 111, comma 7,  Cost.,  emerge  il  non
infondato dubbio che la scelta  del  legislatore  di  «ricondurre»  i
procedimenti aventi ad oggetto le controversie di cui all'art. 54 del
d.P.R.  nell'alveo  del  procedimento  sommario  di  cognizione   non
convertibile sia in contrasto, oltre che  con  l'art.  77,  comma  1,
Cost., anche con gli artt. 3, 24, comma 1 e 2, e 111, comma 1, Cost.,
comportando una compressione  del  diritto  di  difesa  irragionevole
poiche', non solo non giustificata, ma addirittura sconsigliata dalle
oggettive peculiarita' di tali controversie o almeno della piu' parte
di esse. 
    L'indubbia discrezionalita' del legislatore  nella  scelta  degli
strumenti processuali per la  tutela  dei  diritti  soggettivi  trova
invero  certamente  un  limite  di  carattere  costituzionale   nella
ragionevolezza delle soluzioni adottate e  nella  loro  idoneita'  ad
assicurare adeguatamente alle parti l'esercizio del diritto di difesa
e, in sintesi, un «giusto processo»;  ed  a  questa  Corte  pare  che
questo limite sia stato oltrepassato dal legislatore nella scelta  di
assoggettare tutti i giudizi relativi alle peculiari controversie  di
cui all'art. 54 del d.P.R. n. 327 del 2001 ad un rito  di  cognizione
sommario non convertibile in ordinario e destinato a sfociare in  una
decisione non  appellabile  ed  impugnabile  innanzi  alla  Corte  di
cassazione soltanto per violazione di legge. 
    A questa conclusione induce anche la giurisprudenza  della  Corte
costituzionale,  tra  le  cui  pronunce  va  segnalata   specialmente
l'ordinanza 29  maggio  2009,  n.  170,  da  cui  puo'  a  contrariis
ricavarsi il principio che il potere  discrezionale  del  legislatore
nella scelta degli strumenti processuali per la  tutela  dei  diritti
soggettivi trova il suo limite costituzionale nella necessita' che il
modello processuale dal medesimo  legislatore  scelto  «sia  tale  da
assicurare  il  rispetto  del  principio  del   contraddittorio,   lo
svolgimento di un'adeguata probatoria, la possibilita'  di  avvalersi
della difesa tecnica, la facolta' dell'impugnazione - sia per  motivi
di merito che per ragioni di legittimita' - della decisione  assunta,
la attitudine del provvedimento conclusivo del giudizio ad  acquisire
stabilita', quanto meno «allo stato degli atti»; 
    condizioni, queste, che  devono  dunque  evidentemente  ricorrere
tutte cumulativamente  affinche'  i  parametri  costituzionali  sopra
indicati possano dirsi rispettate e che  non  ricorrono  tutte,  come
s'e' detto, nel caso della scelta  del  legislatore  di  assoggettare
controversie come quelle di cui all'art. 54 del  d.P.R.  n.  327  del
2001, di competenza della  corte  d'appello  come  giudice  di  primo
grado, al nuovo rito  sommario  di  cognizione  non  convertibile  in
ordinario e destinato a sfociare in un'ordinanza non  appellabile  ma
impugnabile soltanto innanzi alla Corte di cassazione e soltanto  per
motivi di legittimita'» (cosi' Corte di Appello  di  Napoli,  sezione
prima, 20 giugno/13 luglio 2012). 
    3. Occorre pertanto sospendere il presente processo  e  rimettere
gli atti alla Corte costituzionale  affinche'  sciolga  la  questione
incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 29 e  34,  comma
37, del d.lgs. n.  150  del  2011  sopra  prospettata,  cio'  essendo
evidentemente rilevante quanto meno  per  stabilire  se  il  processo
medesimo, introdotto e finora trattato nelle forme del rito  sommario
di cognizione, debba proseguire nel rispetto delle medesime forme.